Art. 3.
(Prevenzione e informazione).

      1. I datori di lavoro, pubblici e privati, sono tenuti a pianificare e ad organizzare il lavoro in modo da prevenire ogni forma di persecuzione morale e psicologica nei luoghi di lavoro e sono obbligati ad adottare le seguenti iniziative:

          a) informare i lavoratori, con mezzi adeguati e inequivocabili, che le forme di persecuzione non possono essere assolutamente tollerate nel corso dell'attività lavorativa nonché adottare e pubblicizzare nei modi e nelle forme più opportuni un codice comportamentale interno per la gestione delle relazioni sociali sul luogo di lavoro;

          b) in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, prevedere procedure idonee a individuare i sintomi derivanti da condizioni di lavoro persecutorie o vessatorie, l'esistenza di problemi inerenti all'organizzazione del lavoro o le eventuali carenze per quanto riguarda la cooperazione fra i dipendenti durante l'attività lavorativa;

          c) in collaborazione con le rispettive rappresentanze sindacali, provvedere a rendere note tutte le informazioni rilevanti per l'organizzazione del lavoro, con riferimento alle modalità di utilizzo dei lavoratori, alle assegnazioni di incarichi, ai trasferimenti, alle variazioni nelle qualifiche e nelle mansioni affidate;

 

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          d) qualora, nonostante l'attività preventiva, si verifichino fenomeni di mobbing, adottare immediatamente efficaci contromisure volte anche a individuare le eventuali carenze organizzative causa dell'insorgere del fenomeno; per i fini di cui alla presente lettera è concesso al datore di lavoro, nell'ambito delle sue funzioni di sorveglianza, il diritto di:

              1) interrogare i dipendenti, anche attraverso questionari anonimi, sui comportamenti adottati sui luoghi di lavoro e in generale su ogni elemento che potrebbe avere attinenza con eventuali fenomeni di mobbing nell'ambiente di lavoro;

              2) effettuare inchieste all'interno del luogo di lavoro al fine di accertare la fondatezza delle accuse esposte dal lavoratore e di fare prendere coscienza ai vertici aziendali delle responsabilità che essi hanno in tali situazioni;

          e) provvedere a fornire forme di aiuto specifico e immediato per le vittime del mobbing, anche avvalendosi di enti, organizzazioni o comunque soggetti esterni al luogo di lavoro, esperti del settore, ritenuti capaci di mediare o risolvere il conflitto;

          f) nei casi di protratti periodi di mobilità o di maternità, favorire il rapido reinserimento del lavoratore nel luogo di lavoro;

          g) nell'ambito delle funzioni di vigilanza sul corretto svolgimento delle relazioni sociali nei luoghi di lavoro, esercitare il diritto di adottare le misure, anche di tipo disciplinare, volte a prevenire comportamenti vessatori ai danni dei lavoratori.

      2. È fatto obbligo ai lavoratori di collaborare con i colleghi, i superiori e il datore di lavoro nella risoluzione di circostanze di conflittualità concernenti il lavoro e i rapporti sociali interni al luogo di lavoro.
      3. Nell'ambito delle iniziative di formazione previste dalla normativa vigente in materia rientrano anche corsi specifici di

 

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gestione delle relazioni interpersonali, della conflittualità o del mobbing affidati a soggetti, anche esterni, accreditati come esperti del settore.